Ugo Foscolo non si chiamava veramente Ugo, rna Niccolò. Questo nome non gli piacque ed egli lo cambiò Nacque nel 1778 a Zante (l'antica Zacinto dci greci) isola del mare Jonio, allora posseduta dalla Repubblica Suo padre, Andrea, era un medico di famiglia veneziana, il quale aveva sposato una signorina zantiota, Diamante Spaty, che gli diede altri Ire figli dopo Niccolò (Ugo) che era stato il primo. Alla madre fu sempre molto affezionato (si ricordi come egli ne parla nel bellissimo sonetto « In morte del fratello Giovanni»). Anche della sua piccola patria resto memore sebbene egli si considerasse veneziano ed italiano. All'isola natia infatti dedico I 'altro splendido sonetto;
Parte dei suoi primi anni passo III Dalmazia, a Spalato, dove suo padre era medico dell'ospedale. Nel 1788 perse il padre e allora fu ricondotto a Zante, dove imparo anche i primi rudimenti del greco antico, ma dimostrandosi poco amante dello studio e indisciplinato. Nel 1793 con due fratelli si trasferì a Venezia presso la madre che già vi si trovava. Qui continuo gli studi,senza pero iscriversi regolarmente all'Università di Padova, dove tuttavia si recava qualche volta, forse come « liberò uditore » Vi conobbe Melchiorre Cesarotti, dal quale ebbe benevolenza e consigli, non ricambiati, più tardi, con gratitudine. Sarebbe lungo e, per il nostro scopo, inutile seguire le avventurose vicende della sua vita. Basti dire che essa fu un misto di cose brutte e di cose belle (come quella, più o meno, di tutti gli uomini). Diede tuttavia un Egli stesso, del resto, definisce onestamente, in un bel verso d 'un sonetto, il suo cuore che
Non possiamo pero tralasciar di dire che egli, fra le tante sue avventure, si innamoro perdutamente, rna invano, della bellissima Teresa Pikler, moglledel Monti, tanto da pensare anche al suicidio. Ricordiamo ciò perche questo amore diede (assiderne pero con altri) lo spunto a quel suo romanzo epistolare « ultime lettere di Jacopo Ortis » di cui ora ci occuperemo. Non per nulla la donna fantastica amata da Jacopo (che rappresenta il Foscolo stesso) si chiama Teresa. II racconto si assomiglia alla famosa opera del Goethe: I dolori del giovane Werther. II Foscolo stesso lo riconobbe (esiste perfino una sua lettera del 1802 scritta a1 Goethe), pero senza dubbio egli si ispiro anche a casi suoi personali. Formalmente i due libri sono simili, perche entrambi sono una finta raccolta di lettere pubblicate d'a amici dopo il suicidio di Werther e di Jacopo. Entrambi rappresentano un disperato amore, rna il Goethe si limito al racconto della passione violenta in conflitto coll'onesta e col dovere di Carlotta, conflitto al quale Werther pone fine troncando la propria vita (con un colpo di pistola, mentre Jacopo si pianta un pugnale nel cuore). II Foscolo complico la trama, certamente anche coll'intenzione di nobilitarla, inserendovi il dolore per 18 perduta liberta di Venezia, che diventa una causa concomitante della morte del protagonista. In realtà il semplice tema del Goethe e « universale », mentre quello del Foscolo viene, per cosi dire, ristretto dalla mescolanza di due passioni che non sono affatto complementari. In generale una grande passione signoreggia I'animo intero e ne caccia o fa impallidire tutte le altre. Inoltre i sentimenti e i conflitti dello scrittore tedesco sono comuni a tutti gli uomini, mentre I'amore per la Liberta di Venezia (come, ovviamente, d'ogni altra città o regione) e particolare di alcuni uomini, nati in un certo luogo, in un certo periodo storico. Di essi troviamo nel libro splendide descrizioni, ma dai pur abbondanti particolari non si può desumere con sicurezza il nome della località a cui pensa il Foscolo. Le ipotesi che furono fatte sono molte. Dopo aver dato un saggio di questi magnifici brani di prosa esporremo anche noi I'ipotesi che ci pare pili accettabile. « Su la cima del monte indorato dai paci6.ci raggi del sole che va mancando io mi vedo accerchiato da una catena di colli sui quali ondeggiano le messi, e si scuotono le viti sostenute in ricchi festoni dagli ulivi e dagli olmi: le balze e i gioghi lontani van sempre crescendo come se gli uni fossero imposti sugli altri. Di sotto a me Le coste del monte sono spaccate in burroni infecondi, fra i quali si vedono offuscarsi le ombre della sera, che a poco a poco si innalzano: il fondo oscuro e orribile sembra la bocca di una voragine. Nella falda del mezzogiorno I'aria e signoreggiata dal bosco che sovrasta e offusca la valle dove pascono al fresco le pecore, e pendono dall'erta le capre sbrancate. Cantano flebilmente gli uccelli come se piangessero il giorno che muore, mugghiano le giovenche. e il vento pare che si compiaccia del sussurrar delle fronde. Ma da settentrione si dividono i colli e s'apre all'occhio un'interminabile pianura ..... La vista intanto si va dilungando e dopo lunghissime file di alberi e di campi, termina nell'orizzonte dove tutto si minora e si confonde: lancia il sole partendo pochi raggi, come se quelli fossero gli estremi addio che da alla natura; le nuvole rosseggiano poi vanno languendo, e squallide finalmente si abbuiano: allora Ia pianura si perde, I'ombre si diffondono su la faccia della terra; ed io, quasi in mezzo all'oceano, da quella parte non trovo che il cielo. Jer sera appunto io scendeva a passo a passo dal monte. II mondo era in cura alla notte ..... scintillavano tutte le stelle, e mentir'io salutava ad una ad una Le costellazioni, la .mia mente contraeva un non so che di celeste, ed il mio cuore s'innalzava come se aspirasse ad una regione più sublime assai della terra. Mi sono trovato su la montagnola presso la chiesa: suonava la campana de' morti, e il presentimento della mia fine trasse i miei sguardi sul cimiterio dove ne' loro tumuli coperti di erbe dormono gli antichi padri della villa. Abbiate pace, o nude reliquie..... ». Fino a questo punto sembra (con un po' di larghezza che si può concedere a uno scrittore) che il luogo descritto possa essere la sella di Teolo, fra il Venda e il Monte della Madonna. Ma poco innanzi dice: « Teresa s 'appoggio al mio braccio, e noi passeggiammo taciturni lungo la riva del fiumicello sino al lago de' cinque fonti. E la ci siamo quasi di consenso fermali a mirar l'astro di Venere, che ci lampeggiava su gli occhi. Oh! diss 'ella , con quel dolce entusiasmo tutto suo, credi tu che il Petrarca non abbia anch 'egli visitato sovente queste solitudini, sospirando ira Le Ombre pacifiche della notte la sua perduta arnica? Quando leggo i suoi versi io me lo dipingo qui. malinconico - errante - appoggiato al tronco di un albero, pascersi de' suoi mesti pensieri, e volgersi al cielo cercando con gli occhi lagrimosi la bella immortale di Laura». Qui sembrerebbe di esser nelle vicinanze di Acquà (il laghetto e il ricordo del Petrarca non ci permettono di pensare ad altro). Si può quindi concludere che l'autore non prese a modello alcun luogo determinato dei nostri Colli, ma fece una specie di libera fusione delle loro varie bellezze, dandoci un quadro stupendo dal quale emana tutto il fascino di questa cara piccola « regione ».cosi caratteristicamente padovana. Scherzando si potrebbe dire che il Foscolo usò nel descrivere i Colli la tecnica del moderno « fotomontaggio » molti decenni prima che si inventasse la fotografia. |
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